Mercoledì, 20 gennaio, il Parlamento di Chisinau è stato preso d’assalto da migliaia di manifestanti moldavi, per chiedere lo scioglimento della nomina del filo-occidentale Pavel Filip, alla guida del nuovo governo della capitale
E’ stata una settimana frenetica e piena di risvolti e stravolgimenti politici, quella vissuta dalla città di Chisinau, capitale della Moldova. Già da sabato, 16 gennaio, le strade della città, sono state invase da circa 20 mila protestanti, esasperati dalle difficili condizioni economiche e politiche in cui il paese versa da anni, ora diventate davvero insostenibili.

Fortemente precari risultano essere gli equilibri politici di Chisinau, entrata nel nuovo anno, senza un governo stabile. L’atmosfera è sempre più tesa, e le proteste e gli scontri – che animano la città ormai da diversi mesi – si fanno sempre più intensi, e coinvolgono entrambi i lati dello spettro politico. A fare da miccia all’esplosione delle rivolte, ormai incontenibili, fu la diffusione, da parte dei media locali, di una frode – avvenuta a ridosso delle elezioni parlamentari del 2014 – che vide coinvolte tre banche moldave, in un furto di circa un milione e mezzo di dollari. Tale frode, spinse gli istituti di credito sull’orlo del fallimento e spazzò via le stime di crescita del PIL del Paese.
La crisi continuò ad aggravarsi, a seguito della decisione da parte dell’Unione Europa e della Banca Mondiale – con le quali la Moldavia ha firmato un accordo di associazione politica e commerciale, a cui la Russia si oppone – di sospendere i finanziamenti alla Repubblica.
Le recenti proteste, sono state scatenate dalla decisione di Nicolae Timofti – presidente uscente della Moldova – di nominare il vice presidente del Partito democratico e ministro della comunicazione, Pavel Filip, alla carica di primo ministro, in seguito al ritiro della candidatura di Ion Paduraru. Secondo il leader del movimento “Dignità e verità”, Andrei Nastase, la decisione del presidente Timofti di nominare quale premier Filip, rappresenta un tradimento. Il ritiro della candidatura da parte di Ion Paduraru avrebbe creato “le condizioni adatte per il presidente e per la mafia”.
L’unica soluzione per porre fine al clima di corruzione che alberga all’Interno del Parlamento della capitale, è l’indizione di elezioni anticipate del paese. Questo è quanto è stato chiesto dalle migliaia di persone scese in piazza, che, al grido di “noi siamo il popolo”, “Fuori la dittatura”, “Le elezioni”, hanno aderito a tre diverse manifestazioni organizzate sia dal partito socialista di sinistra di Moldova che dal centro-destra di Piattaforma Civica (DA). Entrambi i fronti politici, nonostante programmi e ideologie molti differenti, si trovano concordi nella richiesta delle dimissioni dei corrotti, in nome di un governo più limpido.
La forte opposizione dimostrata dal popolo moldavo, nei confronti dell’elezione del nuovo presidente Filip, non è bastata a far desistere il parlamento dal formare un nuovo governo. Il filo occidentale Filip – mercoledì, 20 gennaio – ha infatti ottenuto la fiducia al nuovo governo, con il voto favorevole di 57 deputati su 101.
Durissime sono state le reazioni da parte dei cittadini di Chisinau, che nel pomeriggio della data dell’elezione, hanno assaltato il Parlamento, sfondando i cordoni di Polizia. In migliaia si sono scagliati contro gli agenti, uniti nel chiedere a gran voce, l’annullamento della votazione. Secondo quanto riportato dai media locali, i membri del governo ed i parlamentari, sarebbero fuggiti da un passaggio sotterraneo. Per far rientrare la situazione, la polizia ha sparato gas lacrimogeni sui rivoltosi.