Un tentativo di colpo di stato, allarmi bomba, attacchi Internet, false chiamate alla coscrizione, proteste di massa: l’ultimo anno è stato molto complicato per la Moldova
“Abbiamo avuto numerose minacce alla sicurezza a partire dal 24 febbraio dello scorso anno”, ad affermarlo il ministro dell’Interno Ana Revenco, descrivendo una serie di problematiche che hanno colpito il governo filo-occidentale a partire dall’invasione russa dell’Ucraina.
Questo piccolo paese europeo, ex repubblica sovietica, è un calderone geopolitico unico.
La Moldova ospita lo staterello separatista della Transnistria, una striscia di terra che corre lungo il confine orientale con l’Ucraina, controllata dai separatisti filo-russi e presidiata dalle truppe russe. Il paese ospita anche la regione semi-autonoma della Gagauzia, anch’essa prevalentemente filo-russa.
I funzionari moldavi dipingono l’immagine di una nazione sotto la costante costrizione di una campagna di disinformazione e propaganda orchestrata da Mosca, molto probabilmente progettata per destabilizzare e minare il governo del presidente Maia Sandu, eletto nel 2020 con la promessa di entrare a far parte dell’Unione europea.
Per Revenco si tratta di una “guerra informativa”.
“Mette una pressione molto forte sulla resilienza psicologica della popolazione”.
Il governo moldavo non ha fornito prove a sostegno delle accuse di una campagna di sporchi trucchi guidata dalla Russia.
Il Cremlino, ha più volte respinto le accuse moldave.
“La leadership si concentra sempre su tutto ciò che è anti-russo”, ha detto il mese scorso il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. “Stanno scivolando nell’isteria anti-russa”.
Tuttavia, Mosca si è irritata per la possibilità che la Moldova – un paese di 2,5 milioni di persone incuneato tra l’Ucraina e la Romania, membro della NATO – aderisca all’UE.
Più di 400 allarmi bomba
Il presunto colpo di stato è stato reso noto il mese scorso dalle autorità moldave. Il piano prevedeva che gli agitatori entrassero in Moldova dalla Russia e da altri paesi della regione e tentassero di provocare violenti scontri. I funzionari hanno espulso due presunti agenti non identificati la scorsa settimana in relazione ai disordini, sebbene non abbiano fornito dettagli sulla portata del piano o se avesse avuto successo.
Stando a quanto riferito dal funzionario del ministero della Difesa Valeriu Mija, lo scopo del complotto non era tanto quello di infliggere un colpo al morale del Paese quanto quello di rovesciare effettivamente il governo.
Nel frattempo, gli allarmi bomba sono diventati parte della vita di tutti i giorni. Le autorità hanno ricevuto più di 400 false minacce telefoniche o via e-mail dalla scorsa estate, con una richiesta di intervento per un totale di 9.000 agenti di polizia.
L’aeroporto di Chisinau, le istituzioni educative, i tribunali, gli ospedali e i centri commerciali erano tra gli obiettivi.
Inoltre una serie di attacchi informatici hanno bloccato, nell’ultimo anno e in via temporanea, alcuni siti web governativi e sono stati violati i telefoni di diversi funzionari.
Avvisi di reclutamento fasulli
Le crescenti tensioni tra Mosca e l’Occidente sull’Ucraina hanno alzato la temperatura in Moldova.
Il principale partito di opposizione Sor denuncia la Sandu per essersi schierata dalla parte dell’Ucraina con il rischio di aumentare le possibilità che il Paese possa essere coinvolto nel conflitto. Sono state raccolte 600.000 firme per chiedere nuove elezioni.
Durante una protesta a Chisinau a cui hanno partecipato circa 2.000 persone, Marina Tauber – un’ex tennista professionista diventata deputata del Sor – ha guidato la folla in canti anti-Sandu con un megafono.
I funzionari del governo Sandu affermano di voler evitare a tutti i costi di essere risucchiati nel conflitto.
Un’altra tattica usata dagli agitatori antigovernativi sarebbe quella di far circolare avvisi di chiamata alle armi fittizi sui social media, in particolare su Telegram, nel tentativo di diffondere ansia e seminare il messaggio che la Moldova si sta dirigendo verso la guerra.
Truppe russe in Transnistria
Si stima che circa 1.500 soldati russi siano di stanza in Transnistria, la maggior parte dei quali reclutati localmente dai transnistriani con passaporti russi.
Il primo ministro moldavo entrante Dorin Recean ha affermato che le truppe russe dovrebbero essere espulse dalla regione, mentre Mosca avverte che qualsiasi attacco alle sue truppe sarebbe visto come un attacco alla Russia.
Il governo moldavo deve affrontare un delicato equilibrio.
In Transnistria c’è la centrale elettrica di Cuciurgan, che fornisce la maggior parte dell’elettricità alla Moldova e dà ai separatisti un’enorme influenza. Di conseguenza, le due parti sono bloccate in un logoro ciclo di negoziazione permanente e di dipendenza reciproca.
La Gagauzia, dove la maggior parte delle persone parla russo, crea problemi ai tentativi del governo di opporsi all’influenza della Russia.
La fiducia dei moldavi in Putin è scesa dal 60% nel gennaio 2020 al 35% quando è iniziata la guerra.
In Gagauzia, tale percentuale si attesta al 90%.
“Le nostre radici sono intrecciate”. A dichiararlo Valentina Koroleak, giornalista della televisione pubblica gagauzia.
Quando le è stato chiesto perché le persone vedessero l’invasione della Russia in modo così diverso rispetto ad altre zone della Moldova.
“Siamo nati in Unione Sovietica, siamo cresciuti con quei classici, quelle canzoni, la musica”.